GF MARMOTTE 2018
E' un mattino assolato, venerdì 6 luglio 2018, antivigilia dell'impresa clou dell'anno per il CDP Spazzavento. Il ritrovo è al Bar Nazionale di Quarrata, il cui titolare è una colonna portante del gruppo quando si tratta di uscite estreme. Parto con la mia bici da casa, da percorrere solo pochi chilometri pianeggianti che passano in un amen. Mi piace l'atmosfera familiare che si respira in questo esercizio e “last but not least” le due collaboratrici di servizio.
Marco, il nostro Presidente nonché ciclista di valore, arriva un po' più tardi. E' passato dal supermarket per vettovagliare gli appartamenti, acquistare il pranzo al sacco e a prendermi il trolley d'ordinanza a casa.
Carichiamo il furgone del Boss (il titolare del bar) con l'occorrente e le bici e partiamo. L'autostrada tutto sommato scorre bene ed anche il nodo di Genova lo saltiamo senza troppe difficoltà. Fine Appennino e pausa pranzo all'autogrill. Superiamo Torino verso Bardonecchia e passiamo la galleria del Frejus. Lo scopo è quello di andare a vedere sia il Col du Télégraphe che il Galibier, oltre naturalmente all'Alpe d'Huez che ci sarebbe comunque rimasta in strada.
Il Télégraphe lungo poco meno di 12 chilometri, presenta una pendenza massima di circa il 9%, superando un dislivello complessivo di circa 900 metri, Da Saint-Michelle-de-Maurienne, la pendenza media è del 7,3%, e l’arrivo alla punta più alta del Col du Télégraphe è segnato dalla presenza di una grandissima statua di un ciclista, e dal messaggio di benvenuto nel territorio comunale di Valloire-Galibier, oltre che al cartello che ci ricorda l’altezza, 1.566 metri. Foto d'ordinanza e si scende un poco fino a Valloire. Si nota un certo movimento, segno di meta turistica e da quello che possiamo intuire, sembra un paese carino. Si sale subito con una rampa di circa un chilometro intorno all'8%, iniziando il Col du Galibier, monumento del ciclismo, affrontato dalla Grande Boucle già dal 1911, ma impressa nella nostra memoria rimane l'attacco del Pirata alla maglia Gialla nel 1998 in una giornata di pioggia ed entusiasmo irrefrenabile per i “patiti” delle due ruote. Un falsopiano per riprendere fiato, poi Tutta la prima parte dell’ascesa, circa dieci chilometri, è una lunghissima risalita della valle che, salvo poche curve, per il resto procede sempre dritta, completamente aperta e senza un filo d’ombra. Gli ultimi 8/9 km presentano i classici tornanti. Il tunnel indicherebbe la fine dello sforzo, ma per i ciclisti rimane ancora l'ultimo chilometro che porta al passo. Eccoci arrivati ai 2642 metri con un vento maligno che spira abbastanza forte. La foto obbligatoria, ma poi subito in macchina.
Picchiata verso il Col du Lautaret. Da lì in poi la strada si allarga, presentando di contro una serie di gallerie poco illuminate. E' in effetti obbligatoria la dotazione luminosa per la partecipazione alla Gran Fondo.
Non è proprio tutta discesa fino ad arrivare a Bourg D'oisans, sede di partenza ed inizio dell'erta finale che ci porterà in cima ad una delle salite più iconiche del panorama ciclistico internazionale: l'Alpe d'Huez. Ci accorgiamo della difficoltà, ma in auto la percezione è abbastanza edulcorata.
Ecco la cima. Il paesaggio è accattivante, da stazione sciistica, con la giusta atmosfera. Si susseguono gli arrivi di centinaia di ardimentosi che domenica si daranno battaglia, o più prosaicamente cercheranno di “salvare la pelle”.
Tentenniamo un po', poi imbuchiamo il giusto residence. Ad aspettarci il rappresentante del tour operator al quale ci siamo affidati. Espletiamo le incombenze burocratiche e prendiamo possesso dei due appartamenti prenotati. Abbiamo tenuto i contatti con gli altri due partecipanti del CDP, Maurizio e Francesco, che sono partiti nel pomeriggio per problemi lavorativi.
La sera stessa ci vede tutti riuniti. Abbiamo concordato la divisione; nell'appartamento che dà sul retro dello stabile ci stiamo io (alias Massimone), il Boss (Gianluca) e il Presidente (Marco), mentre quello che dà sull'entrata, con la visione sulla stazione, è appannaggio di Kirienka (Francesco) e del Tracciatore (Maurizio).
La mattina della vigilia, il nostro appartamento si sveglia presto. Di conseguenza anche gli altri, che sono più stanchi a causa del viaggio più tirato, devono alzarsi. La colazione la facciamo tutti assieme per ottimizzare la logistica, nell'appartamento meno affollato. In effetti ci manca il sesto atleta che ha dovuto rinunciare per problemi familiari, ma ciò non ci esenta dal farci beffe di lui.
Nel bel villaggio allestito dall'organizzazione, si può andare a prendere il pacco gara e quest'incombenza me la assumo con piacere.
Ci prepariamo per una uscita mattutina. Pochi chilometri, tanto per saggiare il terreno, fatti per le vie del paese, poi verso il col du Sarenne ed infine proviamo gli ultimi tornanti della salita finale di domani. Abbiamo incontrato alcuni amici del San Gimignano. Fa piacere scambiare quattro chiacchiere e siamo avvolti da quel senso di cameratismo che si riscontra quando siamo fuori dal nostro Paese, inconsciamente e immediatamente, nostalgici e patriottici.
Pomeriggio di relax e gita per visionare la salita che ci mancava: il col du Glandon, km 22 a m.1924, con escursione fino al passo della Croix de Fer (m. 2068). Questa parte delle Alpi francesi è oggettivamente meravigliosa.
Cena in casa e a letto.
Sveglia di buon'ora per fare colazione e scendere a Bourg d'Oisans per iniziare l'avventura. Siamo migliaia, sembra circa 7.500 e noi partiamo dall'ultima griglia in un tripudio di biciclette ed ogni sorta di atleta, taluni veramente improbabili. Ecco, ci muoviamo. Perdo subito il contatto visivo con i miei compagni. I primi chilometri pianeggianti scorrono veloci con i gruppi che si susseguono. Si inizia il col du Glandon dalla diga di Verney.
La bici scorre molto bene, ma sto attento a gestirmi. Sono alla prima discesina che nasconde il successivo tratto che sarà il più impegnativo. Superato. Sono in vista della diga de Grand Maison. La vetta non è lontana e ci arrivo quasi senza fatica. Il primo ristoro è di quelli da lotta di Sumo per potersi accaparrare qualcosa. A differenza di quanto sentito, è invece ben fornito. Riparto affrontando la discesa del primo tratto in maniera tranquilla, poi mi sorpassa un gruppetto coeso e decido di stargli dietro. Sto pensando a come cavarmela nella risalita della valle fino all'attacco della successiva salita e mi pare una buona idea seguirli. Siamo a fondo valle e il cronometro, che era stato azzerato in discesa, riparte. Mi sono dato l'obiettivo di chiudere entro le nove ore per “sfoggiare” il Brevet d'Or.
Cerco di consumare meno energie possibile, ma invece mi lascio trascinare in una serie di rilanci per recuperare gruppetti su gruppetti. Col senno di poi, si rivelerà un errore fatale.
Attacco il Col du Télégraphe e le gambe girano nella maniera giusta. La temperatura comunque è un fattore non indifferente e, nonostante sia attento a bere, non lo sono sufficientemente nel cibo solido. Scollino il Col du Télégraphe e scendendo mangio un paio di panini che avevo dietro come “razione K”. sono a Valloire, all'inizio del Galibier. Un paio di chilometri e nuovo ristoro. Guardo l'ora: sono le 12.00. Accidenti sono andato benissimo, ma qualcosa non funziona. Il cibo che avevo ingurgitato poc'anzi, mi si ripresenta e invece di mangiare, sono costretto a bere soltanto. Già sul falsopiano, il passo non è il mio consueto. Cerco di centellinare le forze, arrivando al ristoro idrico prima dell'inizio dei tornanti. Riparto rinfrancato, ma è un fuoco di paglia. I metri si susseguono pesanti, con le gambe che non ne vogliono più sapere. Mi fermo una prima volta, poi ancora. La testa mi gira in una calura soffocante. Mi tolgo il casco che mi fa sudare in modo indegno e l'idea sarebbe quella di gettarlo nel dirupo sottostante, ma più probabilmente non vado perché non ho digerito. Un calvario arrivare al ristoro approntato dal nostro tour operator quasi all'imbocco del tunnel. Ecco, adesso posso ingoiare un po' di frutta secca, quella non mi dà noia. Saluto il Tanzini, un amico con il quale abbiamo condiviso la randonnée “Schianti Classic” e che era partito nella griglia precedente.
Ultimo chilometro, poi discesa. Cerco di recuperare quanto più possibile, ma la bici va comunque spinta. La strada in favore aiuta non poco. Finalmente il bivio delle Deux Alpes e Bourg D'oisans.
Ora c'è da scalare l'Alpe d'Huez con i suoi ventuno insidiosi tornati senza benzina. Arranco sulle pendenze intorno all'11% fino al ristoro idrico de La Garde per un riposino e una spruzzata benefica di acqua. Mi accorgo che comunque abbiamo un po' tutti il medesimo passo. Ogni tornante sembra si allontani e la strada si dilata all'infinito. Il sole picchia senza riguardo. Ecco Huez. Mancano cinque chilometri all'arrivo, nella mia testa come se fossero cinquanta. Ancora fermo ad un tornante. Basta, devo solo pedalare. Il cervello si è ormai sciolto sotto il casco nero. Mai acquisto fu meno indicato per le temperature estive. Meno tre, meno due e di nuovo mi devo fermare. Ultimo chilometro finalmente, davvero con i denti sul manubrio. Sono da poco passate le diciassette ma ho la medaglia al collo. Nessuna notizia degli altri. Bagno ristoratore e ora sono sul letto a riposare. Squilla il mio smartphone. E' il Boss che a Borg d'Oisans ha deciso che può bastare. Con un po' di sforzo, mi vesto e lo vado a prendere con il furgone. Quasi un'ora per scendere e poco meno per salire con scene di fatica apocalittiche. E' senza dubbio la Gran Fondo più massacrante a cui abbia mai partecipato, senza ombra di dubbio, una bella percentuale è dovuta alla calura infernale. Insieme al Boss, mi chiede un passaggio un signore olandese, anche lui oltre la frutta che in cima non finisce mai di ringraziarci. Gli altri sono arrivati. Francesco, ha preceduto l'arrivo in coppia di Marco e Maurizio. Io approfitto pure del pasta party, poi divoro una pizza al Residence insieme agli altri. Troviamo, dopo le 21.00, i “ragazzi” di San Gimignano. In cinque, nessuno ha tagliato il traguardo, usufruendo per il ritorno, del carro-scopa.
Per fortuna, nella notte ho recuperato energie ed il mattino della partenza sto abbastanza bene. Formalità di acquisto gadget completata. Si torna a casa, comunque con il mio Brevet d'Or, ma anche Francesco, Marco e Maurizio con quello d'Argent. Per il Boss è doveroso consegnargliene uno con la scalata di tre impegnative salite: Glandon, Télégraphe e sua maestà Galibier. Andrea, il sesto uomo che non ha potuto partecipare, visto noi, non ha rimpianti e ride sotto i baffi della nostra fatica.